
Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.¹
C’è voluta veramente una gran dose di costanza per aver assecondato la volontà di Gian Maria e Alessandro di farmi scalare in solitudine i miei incubi peggiori. È doveroso premettere che a causa delle vertigini non ho potuto camminare per quasi due anni. È stato un lungo periodo in cui presenza e assenza mi hanno accompagnato quotidianamente. Presenza di pensiero e assenza di movimento. Tempo molto, ma niente spazio. Non potevo divenire. La stessa sensazione ho riprovato varcando la soglia del portone della torre idrica e poi costantemente lungo tutto il percorso, solamente a fattori invertiti: molto spazio, niente tempo.
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Orologi fermi alle 10:36 immediatamente mi comunicano che il tempo in quel luogo non solo si è fermato, ma non esiste. Con il mio procedere in alto sento che attivo un meccanismo inceppato. Qui il tempo divento io col mio incidere lo spazio; inizialmente me ne sento padrone. Comincio a vederne i segni lungo le colature mordenzate delle finestre. Cerco quello che non c’è e avrebbe dovuto esserci. Ma non lo trovo. Vedo quello che c’è e non avrebbe dovuto esserci. I televisori emettono un fruscio, niente immagini, solo lo stesso fruscio che da anni mi porto nell’orecchio sinistro, come sinistro è il pensiero che comincia ad accompagnarmi tra le sale. Vedo una scala impossibile che giunge al nulla e una sedia in bilico perfetto; il paradosso mi spiazza. Parete scrostata e sotto numeri cancellati che mi lasciano perplesso. Qualcuno è passato prima di me. Vado in alto e arrivo di fronte ad una scala a chiocciola. Quel pensiero sinistro si materializza. Sento musica rassicurante ma capisco presto che dovrò procedere nel vuoto, senza protezioni. Le vertigini mi inchiodano più volte sui scalini. Sudo freddo e il cuore pompa a mille. Voglio tornare giù; per ben tre volte.
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E allora penso alla parola testamento:
[…] dove c’è un testamento, bisogna che sia accertata la morte del testatore.²
Eccoci qui, sto morendo, io sono il testatore. Con questa presa di coscienza assumo coraggio e corro in alto verso la luce per raggiungere la promessa. Voglio avere il premio. Lo ricevo, promessa mantenuta: sono morto veramente, in completa solitudine.
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1- Ebrei, 10:36
2- Ebrei, 9:16