“La perdita della qualità, così evidente a tutti i livelli del linguaggio spettacolare, degli oggetti che esso loda e dei comportamenti che regola, non fa che tradurre i caratteri fondamentali della produzione reale che esclude la realtà: la forma-merce è da parte a parte l’uguaglianza con sé stessa, la categoria del quantitativo.” (Guy Debord. La società dello spettacolo)
Non si tratta di snobismo ma semplicemente buon senso. Adoro il pop e ben vengano i modi intelligenti di “avvicinare il pubblico all’arte”. Attenzione però a non cadere nella trappola che si nasconde nell’inversione della formula. Ossia di “avvicinare l’arte al pubblico“. Il medium va profondamente valutato. Se si sceglie la televisione bisogna fare i conti con il linguaggio televisivo. Lo spettacolo è servo di se stesso ed i contenuti si piegano al suo servizio. “La perdita di qualità” è semplicemente il risultato di questa dinamica dialettica. Bene ha fatto Iginio De Luca con il suo nuovo blitz a sottolineare che la direttrice della Galleria Nazionale D’Arte Moderna di Roma Cristiana Collu, portando il Museum Beauty Contest ideato da Paco Cao a Tu si Que Vales, ha svuotato di significato il ruolo del museo rappresentandolo agli occhi di milioni di telespettatori come un contenitore di merce da consumare. A mio avviso un’azione dissennata e progettata acriticamente. Non parliamo poi del trash formale.